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L’Appendicite acuta

a Cura di:

dott. Nereo Vettoretto
Chirurgia Generale, ASST Spedali Civili di Brescia – Presidio Ospedaliero di Montichiari

Il seguente dialogo è esemplificativo di un colloquio medico tra una paziente di 30 anni, appena ricoverata in un reparto di Chirurgia per “addome acuto da sospetta appendicite”, ed il chirurgo di guardia.

Paziente: Dottore, che cosa mi causa questo mal di pancia?

Chirurgo: Tutto fa pensare che si tratti di un’appendicite acuta.


Paziente: Ah! Ne ho sentito parlare, mi può spiegare di cosa si tratta precisamente? E’ grave?

Chirurgo: L’appendice è un organo cavo, tubulare, di circa 5-10 cm di lunghezza, larga circa 5-10 mm, che origina, nella maggior parte dei casi, dal cieco, la prima parte dell’intestino crasso. La sua funzione non è perfettamente nota nell’uomo: in alcuni animali, dove è più sviluppata, aiuta la digestione, ed ha un ruolo minore nel combattere le infezioni addominali. Nell’uomo la sua asportazione non provoca conseguenze, ed è per questo considerata “superflua”. Si infiamma, causando la cosiddetta “appendicite”, quando il lume interno viene ostruito da feci, iperplasia linfonodale (come le tonsille…), residui di cibo non digerito (ad esempio semi) o meno comunemente, da neoplasie o parassiti dell’intestino. Nella vita si corre il rischio di ammalarsi di appendicite del 7-9% (è la patologia chirurgica più frequente in urgenza), e può interessare tutte le fasce di età, ma è più frequente nell’adolescente e nel giovane adulto. La gravità dipende dallo stato di avanzamento della malattia. Dopo l’ostruzione del lume infatti si passa dall’infiammazione dell’interno dell’organo (endoappendicite), all’infiammazione completa, fino all’appendicite “complicata” cioè con gangrena, perforazione della parete appendicolare, ascessi addominali o peritoniti diffuse. La mortalità per l’appendicite non complicata è dello 0.3% (3 pazienti su mille) mentre passa all’1.7% (quasi 2 pazienti ogni 100) per la complicata.


Paziente: Dunque non è sicuro della diagnosi?

Chirurgo: Ci sono altre condizioni patologiche che possono essere confuse clinicamente con l’appendicite acuta. Ad esempio la patologia ginecologica, la diverticolite, la patologia da Meckel, il morbo di Crohn, la patologia renale. Per questo è stata sottoposta agli accertamenti di base (test di gravidanza, visita ed ecografia ginecologica, esami del sangue, delle urine) che escludono orientativamente il resto, ma l’ultimo atto diagnostico resta l’esplorazione chirurgica. Infatti la ecografia e la tomografia computerizzata (TC) possono essere d’aiuto ma non sono dirimenti e si eseguono solo in casi particolari.


Paziente: Ma bisogna per forza operare?

Chirurgo: Non abbiamo evidenze sicure che la terapia antibiotica da sola sia sufficiente, anche nel caso di appendicite acuta non complicata. Alcuni studi di bassa qualità dell’evidenza suggeriscono un ruolo per la sola terapia medica, ma resta il fatto che il solo antibiotico comunque non sarà sufficiente a far passare l’infiammazione acuta in più del 12% dei casi, e più di un terzo dei pazienti non operati avrà bisogno dell’intervento nell’anno successivo al primo episodio acuto. Inoltre, senza un’esplorazione chirurgica, non saremmo comunque sicuri della diagnosi.


Paziente: Mi dice come mi opererà?

Chirurgo: Le propongo di operarla per via laparoscopica. Naturalmente è richiesta l’anestesia generale


Paziente: Ah. E cosa significa esattamente “per via laparoscopica”?

Chirurgo: Che invece di iniziare l’intervento con un taglio all’addome vorremmo iniziare con un piccolo buco all’ombelico ed inserire una telecamera che, attraverso un’immagine magnificata visibile da un monitor, ci consenta di esplorare tutto il suo addome. Se la diagnosi di appendicite acuta sarà confermata potremo poi fare altri due buchi (al fianco sinistro e sopra il pube) ed operarla così. In alcuni centri specializzati nella tecnica “single port” addirittura basterebbe il solo taglietto all’ombelico per operarla, con gli stessi risultati funzionali ma con migliori risultati estetici.


Paziente: Ma ci sono dei vantaggi effettivi con questa metodica? Non ho nulla in contrario ad essere operata per via tradizionale, mi hanno detto che la cicatrice è di 5-10 centimetri a destra in basso, ho visto delle amiche operate molti anni fa in cui la cicatrice è appena visibile.

Chirurgo: I vantaggi non sono solo cosmetici, anche se questi sono provati (l’unica cicatrice visibile è di 5mm nell’addome sinistro basso, le altre due scompaiono nell’ombelico e sotto il pelo pubico). Dagli studi ci sono evidenze forti che il dolore dopo l’intervento sia minore, la degenza ospedaliera richiesta più breve, il ritorno alle normali attività quotidiane più veloce. Inoltre ci sono forti evidenze che le infezioni postoperatorie delle ferite chirurgiche siano meno con la metodica laparoscopica e questo ha ricadute su tutti i parametri precedenti (risultato estetico, degenza, dolore, ritorno alla normalità).


Paziente: Beh, sembra perfetto!

Chirurgo: In effetti uno svantaggio sembrava altrettanto dimostrato, cioè l’aumento degli ascessi addominali dopo l’intervento. Casistiche più recenti in realtà hanno stabilito che, in quei centri con elevata esperienza in questo intervento, si abbiano percentuali di ascessi molto bassi (tra 1 caso su mille e uno su cento), del tutto sovrapponibili alla tecnica “con taglio” tradizionale, anche nei casi di appendicite cosiddetti “complicati”(ascessi, peritonite diffusa, perforazione, gangrena). Nel caso di ascessi si può rendere necessario una terapia antibiotica importante, un drenaggio percutaneo o un nuovo intervento chirurgico (in una minoranza dei casi).


Paziente: E’ l’unico svantaggio?

Chirurgo: Beh, non credo possa essere chiamato svantaggio che l’intervento duri 5-10 minuti in più che in aperto e che i costi in materiale siano più alti, d’altronde questi si recuperano con una minor degenza e convalescenza.


Paziente: La laparoscopia va bene per tutti i pazienti?

Chirurgo: Nel suo caso, donna giovane, in età fertile ma non gravida, lavoratrice, la laparoscopia ha i maggiori vantaggi rispetto alla metodica tradizionale. Questo soprattutto per la alta incidenza (fino al 20%) di patologia ginecologica (risolvibile in laparoscopia) che può mimare un’appendicite acuta: penso ad esempio alla malattia infiammatoria pelvica, alla complicazione di cisti ovariche ed altre… Comunque i vantaggi ci sono, anche se minori, anche per gli uomini, gli anziani, e gli obesi, per diverse ragioni.


Paziente: Ci possono essere problemi per future gravidanze?

Chirurgo: Forse, dipende dal grado di infiammazione e di aderenze che si formano, normalmente, dopo qualsiasi infiammazione od intervento chirurgico. Ci sono evidenze minori in letteratura che la laparoscopia possa ridurre il numero e la pericolosità delle aderenze post-operatorie, ma non c’è ancora nulla di veramente dimostrato.


Paziente: Va bene, le ragioni a favore della laparoscopia mi convincono. Ma riesce sempre a concludere l’intervento così?

Chirurgo: No. Quando la situazione intraoperatoria sembra più complessa del previsto si “converte” al taglio tradizionale, che potrà essere in basso a dx oppure, in casi particolarmente gravi, anche in mezzo, tra l’ombelico ed il pube. La percentuale di conversione varia a seconda dell’esperienza del chirurgo, dell’entità dell’infiammazione, della complicazione o meno della patologia, dell’andamento generale dell’anestesia e dei rischi associati ad altre patologie (va dal 5 al 25% nelle maggiori casistiche). I casi convertiti sono sicuramente i più difficili, ed in quasi tutte le casistiche hanno in effetti più complicazioni postoperatorie di tipo respiratorio, cardiocircolatorio, chirurgico. Come può intuire non dipende dall’aggiunta dell’incisione tradizionale ma da una serie di fattori legati alle condizioni generali del singolo paziente.


Paziente: Un’ultima domanda, forse un po’ impertinente: mi dica la verità, dottore. Se lei avesse la mia patologia, si farebbe operare in laparoscopia?

Chirurgo: Si. Credo in quello che faccio e non Le proporrei un intervento che non farei su me stesso o sui miei cari. Ma come me la pensano in molti: le riporto i dati, non ancora pubblicati, di un recente sondaggio fatto tra i chirurghi italiani delle maggiori società scientifiche (risultati su circa 250 risposte), in cui, alla domanda se avrebbe accettato un intervento in laparoscopia per un quadro di addome acuto (all’interno del quale rientra anche la appendicite acuta) per se o per i suoi cari, più del 95% degli intervistati ha risposto si, naturalmente in presenza di un equipe esperta in questa chirurgia.


Paziente: E cosa significa esperta?

Chirurgo: In letteratura e nelle maggiori linee guida sull’argomento si considera completata la curva di apprendimento per l’appendicectomia laparoscopica dopo 20 procedure, o anche meno in caso di chirurghi che abbiano già accumulato esperienza in chirurgia laparoscopica avanzata.